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Affrontare il cambiamento

Il problem solving è una competenza trasversale utile in diversi ambiti. La maggior parte delle persone trova la soluzione ai problemi ed ognuno svolge tale competenza secondo un proprio funzionamento:

chi risolve problemi pensando individualmente e poi agendo, chi chiede consiglio, chi ripete uno schema di azione più o meno sempre identico.

Nella vita professionale ci troviamo  spesso davanti a dei problemi e nella maggior parte dei casi sappiamo risolverli, ma con quale sforzo e impegno?

Attualmente esistono molti approcci al problem solving ed alcuni di questi risultano particolarmente adatti all'applicazione in ambito organizzativo, nella formazione manageriale ed anche nei couselling individuali ed in terapia, si pensi ad esempio al problem solving strategico messo a punto da Nardone.

Duncker (1945), psicologo della Gestal, ci spiega che “un problema sorge quando un essere vivente ha una meta ma non sa come raggiungerla”, quando un individuo un gruppo o una organizzazione si trovano disorientati perché la realtà non risponde alle aspettative.

Ammettere che c'è un problema e definirlo sono i primi passi per affrontarlo. Fingere che il problema non c'è o minimizzarlo ha come conseguenza il rimando a posteriori di qualcosa che presumibilmente diventerà più grande.

R. Re (2004) ci suggerisce: “uccidi il mostro finché è piccolo” senza rimandare e affrontando la situazione al suo sorgere anche se il problema porterà ad un cambiamento che al momento non si desidera.

Il timore del cambiamento rischia di frenare la possibilità che abbiamo di migliorarci. Cambiare non vuol dire automaticamente buttare tutto ciò che esisteva prima e ripartire da zero. Un grosso errore potrebbe essere quello di vedere e percepire il cambiamento come l'ammissione di aver sbagliato tutto fino ad ora. Non è così. Inoltre possiamo opporci a dei cambiamenti ma alcuni sono inevitabili: gli anni passano e nel tempo si modificheranno delle cose. Quindi il cambiamento è automatico mentre non lo è il miglioramento. Per migliorare è necessario impegnarsi al fine di evolvere quella parte di sé e quegli schemi di pensiero che procurano difficoltà e creano risultati sempre identici anche in situazioni differenti.

Diverso è invece provare ad “evitare il problema”. In questo caso non si risolvere il problema ma si risale a monte per modificare il sistema ed evitare il sorgere del problema. (De Bono 1993). La soluzione diventa la progettazione del sistema. Un esempio di riprogettazione del sistema per risolvere il problema di chi perde sempre le chiavi è quello di creare un sistema di sicurezza in modo che non occorra più utilizzare le chiavi.

Affrontando il cambiamento ci mettiamo di fronte a riflessioni che riguardano la nostra identità infatti l'idea, l'immagine che abbiamo di noi e la definizione che diamo di noi stessi ci identifica; possiamo descriverci così: “sono onesto” o “non mollo mai” o “sono accogliente”. Comportarsi diversamente dall'idea che abbiamo di noi può farci sentire disorientati. Può capitare che chi si definisce “sono onesto” possa attuare almeno una volta un comportamento disonesto e avere di conseguenza la sensazione di non riconoscersi. Essere molto legati all'idea di “sono fatto così” può creare resistenza al cambiamento desiderato. “Una trasformazione può dirsi tale soltanto quando muta l'identità della persona, quando cioè cambia ciò che crede di se stesso e quindi come si vede nei confronti della nuova situazione” (R. Re). Immaginiamo questa trasformazione necessaria quando vogliamo districarci dai problemi che conosciamo bene e che abbiamo provato ad affrontare molte volte sempre con lo stesso metodo e con lo stesso comportamento che sentiamo ci appartiene e ci identifica. Identificarsi come una persona tenace può far perseverare anche in quelle situazioni problematiche in cui si richiederebbe di abbandonare la partita ed anche a costo di pagare a caro prezzo l'ostinarsi. Essere malleabili e in grado di mettere in discussione l'idea che abbiamo di noi stessi ci permette di migliorare.

Molti metodi per affrontare in modo efficace i problemi richiedono di fare uno sforzo verso un cambiamento: spostare il focus e accedere a un livello più alto di pensiero (R.Re); utilizzare la creatività con il pensiero laterale (E. De Bono).

De Bono è uno degli autori contemporanei che promuove teorie e tecniche per lo sviluppo del pensiero laterale e nel suo testo “Creatività per tutti” fa comprendere come sia possibile formare le persone e addestrarle a pensare creativamente in maniera intenzionale.  La creatività è un atto serio  poiché il pensiero creativo non vuol dire attendere che arrivi l'ispirazione o pensare in modo folle. Per De Bono la creatività può avere un ruolo molto importante individualmente e anche nelle aziende più di quanto non ne abbia ora.

Le organizzazioni possono imparare a rispettare la creatività non solo da un punto di vista formale (incoraggiare piccoli sforzi creativi, considerare la creatività un lusso ecc) ma assumendosi la responsabilità di un cambiamento di processo. De Bono ha ideato una tecnica molto semplice utilizzata per facilitare la soluzione di problemi ed il pensiero creativo:  “sei cappelli per pensare”.

Il metodo consiste nell'esprimersi mettendo a fuoco aspetti diversi a seconda del cappello che si indossa:  Il valore di tale metodo sta nella possibilità di cambiare il modo di pensare senza giudicare o offendere nessuno e può essere utilizzato in modo occasionale o ad esempio diventare parte integrante di una cultura aziendale.

 

 

 

L'importanza di affrontare il cambiamento è sottolineata anche dai passi necessari descritti da Nardone per svolgere il Problem solving strategico. La tecnica è utilizzata per trovare soluzioni a problemi irrisolvibili mediante la logica ordinaria. Si ricorre a espedienti strategici come ad esempio la tecnica del “come peggiorare” che consiste nel domandarsi:

“Se volessi far peggiorare ulteriormente la situazione invece di migliorarla, come potrei fare?”

oppure:

la “tattica dei piccoli passi” che suggerisce di affrontare i problemi complessi iniziando dal più piccolo ma concreto cambiamento ottenibile.

Queste sono solo alcune delle strategie del problem solving strategico che ha l'obiettivo di portare la persona a ragionare oltre il buonsenso, queste tecniche aprono accesso a possibilità precedentemente inaccessibili poiché chiuse dentro rigidi schemi di pensiero.

Qualunque sistema vivente ha la caratteristica di resistere al cambiamento del proprio equilibrio se questo si è consolidato nel tempo, questo è il principio dell'omeostasi, tuttavia le situazioni conflittuali, difficili e problematiche richiedono un impegno verso un cambiamento.

 

 

 

In conclusione non possiamo pretendere che il cambiamento avvenga fuori di noi senza l'impegno nel modificare qualcosa dentro noi stessi, anche partendo da piccoli passi come ci insegna il problem solving strategico.

 

Esistono molte tecniche per facilitare il processo di problem solving e non esiste un metodo efficace per ognuno in ogni situazione ma credo che conoscendo i diversi metodi tutti noi possiamo avere l'opportunità di applicare l'uno o l'altro a seconda delle condizioni.

 

 

 

 

Autore: Silvia Panella

 

Bibliografia:

Canestrari R. Godino A. “La psicologia scientifica Nuovo trattato di psicologia” Ed. Clueb

De Bono Edward “Creatività per tutti” Ed. Bur

Nardone Giorgio “Problem solving strategico da tasca”  Ed. Ponte delle grazie

Re Roberto “ Leader di te stesso”  Ed. Oscar Mondadori